lunedì 22 novembre 2010

Come posso raccontarvi L'Aquila?

Come posso raccontarvi cos'è L'Aquila oggi?

Sono andato alla Manifestazione Nazionale, già informato. Certo, non informato dai media tradizionali, che ovviamente hanno ignorato anche la Manifestazione, ma da quei cittadini che hanno vissuto in un modo o nell'altro sulla loro pelle il terremoto abruzzese. Persone come:

Anna, Federico, Marta & Monique, Sabina, il Comitato 3e32 e tanti altri.

Avevo negli occhi il documentario "Comando & Controllo", la puntata di "Presa Diretta" intitolata "La Ricostruzione", e ovviamente "Draquila" di Sabina Guzzanti.

Ma le foto e i filmati non descrivono appieno la situazione. Sul pullman che ci portava a L'Aquila da Bologna, ho sentito dietro di me un ragazzo di 19 anni della provincia di Varese, dire che ci veniva per curiosità, perchè lui votava Lega, e a guardare "i tg" (Tg2 e Studio Aperto) "Berlusconi aveva fatto tanto" e "adesso L'Aquila era ok". La ragazza che viaggiava al suo fianco lo guardava strabuzzando gli occhi, e gli ha chiesto "ma... internet non lo usi per informarti?" la sua risposta è stata "mmm.. no, ogni tanto spulcio il sito della Gazzetta" (dello sport ndr.)

Gli ho detto "Io non ti dico niente, però tu quando scendiamo ti incolli a me e mi segui lungo il corteo con quelli delle carriole." Il sorriso e quell'aria "da gita" che avevano alcuni, è svanita dopo pochi metri dall'inizio del corteo al nostro arrivo a Piazza D'Armi.

Come posso raccontarvi quello che ho visto?

E' stato come camminare su un bersaglio da tiro con l'arco. Man mano che ci avvicinavamo al Centro Storico, i danni si facevano più evidenti e l'abbandono dei palazzi più impressionante. Molti edifici sono in piedi, e dall'esterno sembrano a posto, gli unici indizi sono alcune parti d'intonaco mancanti e alcune crepe. Alcuni invece sono sventrati, con ferite aperte che lasciano vedere quello che una volta erano case, uffici, vani, spazi vitali.

Però tra tutte queste cose c'è un elemento che per me è stato come un cazzotto allo stomaco: le finestre. Aperte, spalancate verso il buio. Oltre quelle finestre si poteva scorgere dove prima c'era vita, un buio malsano di morte. Finestre che raccoglievano l'aria gelida e la pioggia che ci cadeva addosso.

Guardare quelle finestre buie era come fissare le orbite cave di un teschio, di tanti teschi.

Ma proprio in mezzo a questo paesaggio di morte, c'era un sussulto di vita: il corteo, con le frasi, la musica, la rabbia, e la tenacia di chi rivuole dare il giusto significato alla parola: città.

Rimango della convenzione che queste mie poche parole non possano farvi provare delle sensazioni che possono nascere solo da un'esperienza diretta.

Per questo mi permetto di darvi un consiglio: informatevi, mettetevi in contatto con uno dei comitati de L'Aquila e delle zone limitrove e andate a vedere con i vostri occhi e a sentire con le vostre orecchie quello che nessuno può raccontarvi.

La realtà non conosce intermediari.

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